venerdì 20 gennaio 2017

Un battito negli abissi

Titolo: Un battito negli abissi

Autore: Antonella Tafanelli (Nasce a Bari nel 1978 e vive a San Severo (FG). Conseguita la Licenza Classica, inizia l’università di Lettere e Filosofia a Bari, ma dopo qualche anno lascia per iniziare a lavorare nel settore immobiliare e catastale.
Fin da piccola ha sempre avuto una spiccata passione per la lettura, tanto che a soli 4 anni sapeva già leggere e scrivere.
La sua profonda sensibilità, l’ha portata a avvicinarsi facilmente alle problematiche altrui e alle arti, come la pittura, il cinema e il teatro)

Editore:  
La strada per Babilonia


Genere: Narrativa Contemporanea 

Pagine: 118

Disponibile sia in versione cartacea che ebook su Amazon.


Trama: Protagoniste assolute di questo libro sono la speranza e la voglia di ricominciare. 
Margherita subisce violenze fisiche e psicologiche, un amore malato, a causa del quale si annulla completamente. 
Grazie alla sua forza, alla vicinanza dei suoi amici e della sua famiglia comincia a riemergere dagli abissi, ma ci sono ferite profonde, difficili da rimarginare. 
Nella sua vita entrerà però una persona, che cercherà di scavalcare quei muri che Margherita ha edificato. 
Dovrà scontrarsi con i fantasmi del suo passato, con le sue paure, e con la sua voglia di indipendenza. Un romanzo di speranza, di grinta nei confronti della vita, un romanzo che mette in luce la violenza domestica e vuole dire basta.

Sinossi: Lascerò che stavolta la sinossi del romanzo sia un frammento del romanzo stesso, perché penso che sia perfettamente incisivo e diretto: 




Recensione: Carissimi lettori,

non ho fatto nessuna premessa colloquiale ad inizio post, perché voglio che questa recensione riesca ad assorbirvi totalmente e a farvi concentrare sullo scottante tema della violenza.
Non intendo fare alcuna differenziazione (che peraltro ritengo retrograda e anacronistica) nel merito della violenza di genere ed anzi per una tematica così delicata, desidero essere quanto più precisa ed onesta possibile.
La violenza è l'incarnazione del male. Punto.
La violenza tout court.
La violenza come atteggiamento, come contegno nella quotidianità, come offesa, come difesa, come cattiveria gratuita, come degenerazione, come estremo, su animali, su uomini E su donne.
Non credo che alla nostra società giovi ruotare intorno ad un problema d'attualità insistendo con il dargli una definizione standardizzata, perché questo tende sempre a creare disagi su disagi finendo con l'offuscare problemi passati magari legati proprio ad una tematica affine.
Mi spiego meglio: creare la figura del "femminicidio" come reato a sé stante è qualcosa che, da donna e da giurista, criticherò sempre aspramente.
E' soltanto chiamare un problema vecchio come il mondo in un modo diverso.
Anzi è soltanto un modo per sdoppiare un figura criminosa che esiste già: l'omicidio. Che esiste, come dicevo, ma che è mal perseguita, mal trattata e mal prevenuta.
Ecco qui, alla fine della fiera è questo che dobbiamo pretendere con forza e lottare per ottenere: che un assassino, un persecutore, un criminale, vengano CONDANNATI e che la condanna sia adeguata all'offesa arrecata.
Che la vittima sia protetta, tutelata, compresa ed aiutata per tutto il tempo necessario.
E' recente la notizia della esistenza di gruppi su facebook dove si incita allo stupro, al bullismo, condividendo foto altrui soltanto con lo scopo di mortificare e "abusare" liberamente di varie persone totalmente ignare della cosa.
Persone la cui immagine è messa alla berlina. Regalata a un manipolo di ignoranti frustrati e volgari.

Tutto ciò per specificare con estrema cautela che non esistono fenomeni di violenza di serie A e di serie B e questa introduzione è stata per me doverosa perché fossero spente sul nascere qualsivoglia genere di polemiche, contestazioni o tentativi di sminuire il romanzo che sto per recensire solo perché magari riguardante un argomento protagonista della cronaca quotidiana cui siamo abituati.
"Abituati"...che brutta cosa se legata al concetto di cronaca, come si fa ad abituarsi alla notizia di una persona minacciata, violata nella propria intimità, perseguitata, sfigurata o malmenata o, peggio ancora, annientata.
Eppure è così, perché come dicevo ed ora sono certa che avrete compreso cosa intendevo spiegarvi, hanno dato un "nome" ad un "fenomeno" che fenomeno non  è. E' cruda realtà.
LA VIOLENZA DEVE FARCI SCHIFO E DEVE SCONVOLGERCI. SEMPRE.

Dopo aver letto "Un battito negli abissi" mi è venuta tanta voglia di abbracciare  e di conoscere personalmente la scrittrice.
Ho letto altri romanzi di questo genere e tutti tratti da storie vere, li ho tutti rispettati e letti con partecipazione e commozione, ma questo romanzo è diverso.
E' diverso perché non affronta il tema della violenza settorializzandolo e non lo fa con "brutalità", ma con una finezza che ti fa sentire come se stessi entrando in punta di piedi nella sua vita e lei ti preparasse un tea e ti ci accompagnasse per mano, senza rabbia, senza odio nelle sue parole.
Senza odio, certo, ma con la dovuta dose di rabbia, di furore.
Il racconto si sviluppa tra una serie di pensieri, riflessioni, sensazioni e stati d'animo in cui tutti possono ritrovarsi e che possono sentire propri.

Il romanzo racconta di Margherita, donna modesta, riservata e dotata di una forza d'animo ammirevole.
Forza d'animo che si manifesterà all'interno delle pagine che, non ho dubbi, bagnerete di lacrime.
La donna che imparerete a conoscere è una roccia che si renderà conto di essere tale soltanto dopo aver trascorso fin troppo tempo a sentirsi un semplice sassolino da calpestare.
In una notte d'estate, avverrà un incontro molto speciale, con Marco che, fin da subito, le donerà una sorta di istintiva tranquillità che temeva ormai perduta.
Riuscirà Marco a far breccia nel muro che Margherita ha edificato intorno al suo cuore?
Vi insegnerà che siamo soltanto noi ad essere responsabili di ciò che siamo e di ciò che scegliamo di essere e che mai e poi mai dovremmo lasciare che siano altri a definirci, intrappolandoci in una visione di noi stessi che non ci appartiene.
Vi insegnerà che il dolore va urlato, va urlato forte e non nascosto.
E che non è mai troppo tardi per ricominciare, per vivere appieno la nostra vita, le amicizie, i sentimenti e le persone che meritano il nostro affetto.
Ci sono diversi passaggi del libro che mi hanno colpita, molti come coltellate, per la drammatica onestà di cui sono impregnati e mi farebbe veramente piacere se condivideste con me quelli che hanno emozionato, spaventato o fatto riflettere voi.
Vi invito davvero a leggere questo racconto, questa storia vera, perché sarà come leggere di un fiore piegato dalle intemperie che però non si è mai spezzato e trova addirittura la forza di sbocciare ancora più bello, energico e vigoroso di prima.
Vi lascio con il consiglio di accompagnare la lettura ad un buonissimo ed energico caffé al ginseng e con una frase che mi è davvero piaciuta e con la quale vi invito a non sottovalutare mai la vostra intelligenza e di restare sempre fedeli a voi stessi:

" Ma una piccola presunzione di me stessa l'ho sempre avuta, la mia mente.
Era difficile entrarci, difficile da comprendere, difficile da scopare e fare propria.
Mentre nel tempo ho avuto conferma che ero abilissima a prendere in mio completo possesso la mente altrui. "


Voto: 10/10

Grazie di cuore ad Antonella Tafanelli per questo splendido romanzo e a "La strada per Babilonia"





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